Ricorre la regione autonoma Valle d'Aosta, in persona dell'on.le presidente della giunta regionale, Ilario Lanivi, debitamente autorizzato in forza di delibera della giunta regionale n. 5337 dell'11 giugno 1993, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Gustavo Romanelli, e presso di lui elettivamente domiciliato in Roma, alla via Cosseria, n. 5, in forza di procura autenticata da notar Bastrenta, di Aosta in data 11 giugno 1993, rep. n. 14813, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dell'on.le Presidente del Consiglio pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, nonche' presso l'avvocatura dello Stato, via dei Portoghesi n. 12, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale del decreto-legge 15 maggio 1993, n. 143 (disposizioni in materia di legittimita' dell'azione amministrativa), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 113, del 17 maggio 1993. IN FATTO Il decreto-legge 15 maggio 1993, n. 143, meglio specificato in epigrafe, nell'ambito delle misure che sarebbero dirette (come detta il suo preambolo) a "rafforzare gli strumenti di garanzia della legittimita' amministrativa", detta una riforma radicale di una fondamentale giurisdizione del nostro ordinamento, quale e' quella della corte dei conti, prevedendo fra l'altro che in tutte le regioni vengano istituite sezioni giurisdizionali della corte stessa (art. 1), presso le quali, ai sensi del successivo art. 2, secondo comma, e' chiamato a svolgere le funzioni di pubblico ministero un vice procuratore generale della corte dei conti (procuratore regionale), od altro magistrato assegnato all'ufficio, che da questo venga delegato. L'attivita' dei procuratori regionali e' coordinata, in base al terzo comma dello stesso art. 2, dal procuratore generale della corte dei conti. L'ultimo comma dell'art. 2 prevede che la corte dei conti possa delegare, per l'esercizio delle sue funzioni, adempimenti istruttori a funzionari di pubbliche amministrazioni ed avvalersi di consulenti tecnici. L'art. 7, primo comma, delimita il campo del controllo preventivo di legittimita' della corte dei conti, estendendolo in particolare a: c) "atti normativi a rilevanza esterna, atti generali di indirizzo, atti di programmazione comportanti spese"; d) "provvedimenti di disposizioni del demanio e patrimonio immobiliare eccedenti la normale amministrazione"; f) "contratti collettivi e provvedimenti che disciplinano l'esercizio di funzioni pubblico amministrative relative ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni". A tali previsioni espresse, se ne aggiunge un'altra, di chiusura che prevede analogo controllo per le materie per le quali esso sia ritenuto opportuno dal Presidente del Consiglio dei Ministri (lett. h). Ancora l'art. 7, al secondo comma, prevede modi e contenuti del controllo successivo che la corte dei conti e' chiamata ad esercitare anche nei confronti delle regioni e degli enti locali. L'art. 8 istituisce invece, al primo comma, servizi di controllo interno in tutte le amministrazioni pubbliche ("con il compito, di verificare, mediante valutazioni comparative dei costi e dei rendimenti, la corretta gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialita' ed il buon andamento dell'azione amministrativa"): i criteri di organizzazione e la sfera di azione di tali servizi di controllo interno sono rigidamente predeterminati dal secondo e terzo comma del medesimo art. 8. Il quarto comma dello stesso articolo prevede che i comitati provinciali delle pubbliche amministrazioni e i comitati metropolitani, di cui all'art. 18 del d.l. 24 novembre 1990, n. 344, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 gennaio 1991, n. 21, ed al d.P.C.M. 10 giugno 1992, si avvalgono dei servizi di controllo interno delle amministrazioni territoriali e periferiche. Infine, il successivo quinto comma prevede l'istituzione, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministero dell'interno, di un servizio ispettivo del Ministero dell'interno, con una articolazione a livello provinciale e raccordo funzionale con i comitati provinciali e metropolitani teste' richiamati: le funzioni di tale servizio ispettivo non sono altrimenti meglio chiarite; la seconda parte del quinto comma in discorso si limita ad attribuirgli la redazione annuale di una relazione sui risultati dell'attivita' ispettiva svolta (ma i cui confini non sono affatto chiariti), con indicazione dei rimedi necessari a risolvere le disfunzioni riscontrate. Deve peraltro evidenziarsi come il decreto-legge impugnato contenga norme di tutela delle minoranze linguistiche limitatamente alle sole sezioni giurisdizionali della corte dei conti con sede nel territorio della regione Trentino-Alto Adige (art. 1, secondo comma). La disciplina teste' richiamata e' gravemente lesiva delle attribuzioni della regione autonoma Valle d'Aosta ed e' illegittima per violazione degli artt. 77, 100, 103, 108, 116 e 125 della Costituzione, nonche' per violazione dei princi'pi dello statuto della regione autonoma della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), ed in particolare dei suoi artt. 2, 3, 4, 29, 38, 43 e 46, primo comma. IN DIRITTO 1. - Occorre preliminarmente lamentare come il governo abbia inteso adottare con le forme del decreto-legge delle misure che vengono a fortemente incidere sugli assetti istituzionali, e che per di piu' violano illegittimamente la sfera di autonomia speciale della ricorrente regione, assumendo, ma non dimostrando affatto, la ricorrenza dei presupposti della "necessita'" (qualificata nelle premesse del decreto addirittura come "straordinaria") e dell'"urgenza"; misure che, per di piu' sono di dubbia idoneita' per il perseguimento dello scopo dichiarato, e lasciano anzi il dubbio di essere finalizzate alla ricerca di consensi dietro la spinta emozionale di recenti episodi. La ricorrenza degli estremi della necessita' e dell'urgenza e' anche piu' dubbia, se si considera che il decreto oggi impugnato segue altro decreto-legge, non convertito, dell'8 marzo 1993, n. 54, dalla rubrica simile (disposizioni a tutela della legittimita' dell'azione amministrativa), che, sia pure con sfumature diverse, anch'esso evocando la stessa supposta "straordinaria necessita' ed urgenza", era espressione della medesima accentuata, ed illegittima, tendenza a comprimere le autonomie regionali. Essendo appunto indimostrata la ricorrenza di una situazione di necessita' ed urgenza, a torto evocata nella premessa, il decreto impugnato viola il precetto dell'art. 77 della Costituzione, che fa divieto al governo di emanare decreti che abbiano valore di legge. Puo' incidentalmente aggiungersi che ben difficilmente sarebbe dimostrabile il presupposto dell'urgenza rispetto ad un intervento che ha assunto il carattere di profonda riforma della corte dei conti e della sua giurisdizione, riforma che peraltro trascende i limiti delle attribuzioni riservate alla stessa corte dei conti dall'art. 100 della Costituzione, al secondo comma. Infatti, quest'ultima norma della Costituzione si limita a prevedere la possibilita' che, con legge, si introduca una partecipazione della Corte dei conti al controllo preventivo sulla gestione finanziaria (e non, come nel decreto impugnato, su singoli atti) degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, mentre non e' affatto previsto che si possa attribuire il controllo preventivo in questione in via esclusiva alla medesima corte dei conti. Peraltro, per quanto concerne le regioni, la Corte non potrebbe essere investita neanche della semplice partecipazione al controllo preventivo: per le regioni a statuto ordinario vale la tassativita' dei controlli previsti dall'art. 125 della Costituzione, (in base a tale principio venne da codesta ecc.ma Corte dichiarato illegittimo l'art. 2, terzo comma, lett. p), della legge n. 400/1988: cfr. Corte costituzionale, 21 aprile 1989, n. 229); a maggior ragione un tale vaglio della corte dei conti non e' ammissibile per la regione ricorrente, per la quale, come si rilevera' nel prosieguo del ricorso, esiste un sistema tassativo di controlli previsto dallo Statuto di autonomia speciale. Puo' incidentalmente rilevarsi che il decreto-legge impugnato si pone in contrasto anche con il secondo comma dell'art. 125 della Costituzione, che (come e' evincibile dalla classificazione degli organi giurisdizionali di cui all'art. 103 della Costituzione,) prevede su base regionale soltanto l'istituzione di organi di giustizia amministrativa che si inseriscono nella giurisdizione del Consiglio di Stato, quali sono gli odierni T.A.R., e non anche l'istituzione su base regionale della giurisdizione della corte dei conti (del resto, sia pure rispetto ad altra questione, si e' sempre escluso, che la struttura su base regionale della giustizia amministrativa di cui all'art. 125 sia applicabile anche alla corte dei conti: v. Corte costituzionale, 7 marzo 1984, n. 52; corte dei conti, sez. riun., 19 aprile 1988, n. 576/A). 2. - Deve comunque rilevarsi che il decreto-legge impugnato ha un ambito di applicazione che coincide largamente con quello, per cui operano le riserve di legge di cui agli artt. 100, secondo e terzo comma, nonche' 103, secondo comma, e 108 della Costituzione,: in base a tali norme costituzionali, sono riservate alla legge (in senso formale), rispettivamente, la determinazione dei casi e delle forme in cui la corte dei conti puo' partecipare al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria e l'indipendenza della Corte medesima di fronte al governo, l'ambito della giurisdizione della corte dei conti al di fuori della contabilita' pubblica e, infine, l'ordinamento giudiziario e di ogni magistratura in genere. Ebbene, a prescindere dalla considerazione che, come si tentera' di dimostrare nel prosieguo del presente ricorso, il decreto-legge impugnato si e' posto comunque per il proprio contenuto normativo intrinseco in contrasto con una pluralita' di precetti costituzionali, e' comunque da contestare che lo strumento del decreto-legge possa tener luogo di una legge formale, dato che le riserve di legge in questione (tenuto conto, fra l'altro, che sono finalizzate anche a garantire l'indipendenza della corte dei conti rispetto al governo) non possono che essere assolute (nel senso dell'insufficienza del decreto-legge, con riferimento specifico alla medesima questione, v. la relazione del prof. Correale "Trasparenza e buon andamento: sezioni unite e nuove competenze della corte dei conti" al convegno di studio di Roma, 10 giugno 1993, su "Trasparenza, legalita' e buon andamento: il ruolo della corte dei conti e delle altre magistrature"). D'altro canto, nel medesimo decreto-legge impugnato si hanno anche disposizioni che incidono su alcune delle materie oggetto di riserva di legge, cosi' generiche da rimettere di fatto al puro arbitrio del Governo la definizione del loro effettivo ambito di efficacia; cosi', l'ambito di esplicazione del potere di controllo preventivo della corte dei conti, di cui all'art. 7, e' completato con una formula che consente la sottoposizione ai controlli in questione degli atti che "il Presidente del Consiglio dei Ministri ritenga di assoggettare temporaneamente a controllo preventivo.": e' qui anche piu' palese (specie nei confronti delle regioni e degli enti locali) la denunziata violazione della riserva di legge in materia di controllo della corte dei conti, di cui all'art. 100 della Costituzione, violazione che comunque sussiste anche se, per interventi che incidano nell'ambito in esame, dovesse in ipotesi ritenersi sufficiente il ricorso allo strumento del decreto-legge. Inoltre, anche a voler prescindere dai nuovi contenuti previsti dell'azione della Corte, e' la stessa indicazione delle modalita' di esercizio che mette fortemente in pericolo la sfera di autonomia regionale. Infatti, mancano persino sufficienti garanzie in ordine all'indipendenza dall'esecutivo nazionale di chi in concreto e' chiamato ad operare funzioni essenziali anche nell'ambito delle competenze giurisdizionali della corte dei conti. Si e' infatti disposti, con l'art. 2, quarto comma, che la corte dei conti possa avvalersi, per adempimenti istruttori, di personale delle pubbliche amministrazioni: tale previsione, in quanto applicabile all'attivita' che la corte dei conti sarebbe chiamata a svolgere rispetto alle regioni ed agli enti locali, appare in contrasto con la garanzia di indipendenza anche delle giurisdizioni speciali, di cui all'art. 108, secondo comma, della Costituzione, espressamente estesa tanto ai pubblici ministeri che "agli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia". 3. - La disciplina in esame viene ad incidere illegittimamente sulla stessa sfera di autonomia regionale. Essa infatti comporta l'assoggettamento dell'amministrazione regionale e degli enti locali ad un controllo preventivo della corte dei conti, diverso ed ulteriore rispetto ai controlli previsti dallo statuto di autonomia speciale della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nel titolo IX (art. 44 e segg.), che costituiscono un ambito chiuso, tassativamente determinato, attribuito ad organi specificamente individuati e che definiscono in modo netto e preciso i rapporti tra Stato e regione. Per di piu', tali controlli vengono ad essere predisposti per atti che sono l'espressione stessa dell'autonomia regionale, come nelle ipotesi previste dalla lett. c) dell'art. 7 (che, lo ricordiamo, contempla tutti gli atti normativi a rilevanza esterna, gli atti di indirizzo e gli atti di programmazione comportanti spese) ovvero su materie che appartengono alla competenza esclusiva della regione autonoma Valle d'Aosta. Infatti, come si e' visto, le lettere d) ed f) dell'art. 7 prevedono l'estensione del controllo preventivo rispettivamente ai provvedimenti di disposizione del demanio e patrimonio immobiliare eccedenti la normale amministrazione ed ai contratti collettivi e provvedimenti che disciplinano l'esercizio di funzioni pubbliche autoritative relative ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni. E' evidente il contrasto di tali previsioni con le norme dello statuto, che attribuiscono le relative materie alla competenza normativa ed amministrativa regionale. Infatti, l'art. 2, dello statuto della regione ricorrente attribuisce alla competenza primaria normativa regionale, fra l'altro (alla lett. a), l'ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e lo stato giuridico ed economico del personale, ed (alla lett. f), le strade e lavori pubblici di interesse regionale. L'art. 3, lett. f) attribuisce alla competenza normativa concorrente della regione le finanze regionali e comunali. In base all'art. 4 del medesimo statuto, alla competenza normativa regionale sia primaria che concorrente, di cui agli artt. 2 e 3, corrisponde la potesta' amministrativa della regione. Come gia' si e' esposto, e' prevista la possibilita' che il Presidente del Consiglio dei Ministri estenda di sua iniziativa l'ambito dei controlli in questione. Infine, ad esercitare il controllo in questione e' chiamato un organo non contemplato dallo statuto di autonomia speciale, che, all'art. 46, rimette tale ordine di attivita' in via esclusiva alla commissione di coordinamento, di cui al precedente art. 45. Puo' ricordarsi che con gli artt. 60 e segg. della legge 16 maggio 1978, n. 196, si e' provveduto a dettare la disciplina di attuazione in tema di tali controlli. D'altra parte, deve pure rilevarsi che soltanto la competenza normativa della regione ricorrente puo' essere eventualmente compressa, ai sensi dell'art. 2 dello statuto di autonomia della regione ricorrente, dalle norme fondamentali delle riforme economico- sociali. Nel caso di specie, ci troviamo invece nel campo dei controlli previsto dall'art. 46 dello statuto, che non conosce alcuna eccezione, ne' possibilita' di compressione. E' da notare in particolare che la maggior parte dei provvedimenti per i quali dovrebbero operare le forme di controllo anzidette e' gia' sottoposta alla particolare procedura di controllo anche di merito, comprensivo del potere di richiesta di riesame, di cui all'art. 46 citato e regolamentato dall'art. 61 della legge n. 196/1978. Dunque, con un decreto-legge si e' creato ex novo un ordine di controlli che lo statuto non contempla, determinando cosi' una gravissima lesione nell'autonomia regionale; d'altro canto, tale potere di controllo e' stato devoluto ad un organo diverso da quello a cui comunque lo statuto riserva in via esclusiva tale potere. 4. - Analogo ordine di considerazioni puo' essere svolto (nei limiti in cui la relativa disciplina possa essere ritenuta applicabile alla regione ricorrente) per quanto concerne il controllo successivo, di cui all'art. 7, secondo comma. Tale controllo successivo di cui al secondo comma dell'art. 7, oltre a palesarsi come un'evidente ingerenza a lesione dell'autonomia regionale, in quanto attinente alla valutazione dell'efficacia dell'azione amministrativa, si trasforma in una duplicazione del controllo che il consiglio regionale e' chiamato ad effettuare sull'attivita' della giunta regionale, in particolare per quanto concerne bilancio e rendiconto consuntivo, ai sensi dell'art. 29 dello statuto (ne' l'illegittimita' viene meno per essere la Corte tenuta a riferire su tale suo operato anche ai consigli regionali). Peraltro esso e' caratterizzato da un'altra grave anomalia, che contribuisce ad incidere in maniera negativa sulla sfera di autonomia regionale, dato che la determinazione dei criteri di controllo e' riservata allo stesso organo del controllo e' investito. 5. - Del tutto ingiustificata ingerenza nella sfera di auto organizzazione della regione - e comunque compressione della potesta' normativa di cui all'art. 2, lett. a) dello statuto - appare l'applicabilita' anche ad essa della previsione di un servizio di controllo interno, nei termini di cui all'art. 8, primo comma, del decreto-legge impugnato, la cui funzione non e' peraltro ben definita. Ad analogo ordine di considerazioni si perviene per quanto concerne l'istituzione del servizio ispettivo del Ministero dell'interno: quest'ultimo e' espressione del tutto palese di un tentativo di ripristinare (fra l'altro con espressa previsione di "una articolazione a livello provinciale") una penetrante ingerenza da parte dell'apparato centrale dello Stato nella sfera dell'autonomia regionale. Ma, a fronte dell'incertezza sulle finalita' del servizio ispettivo del Ministero dell'interno, ogni incertezza viene mano nel decreto li' dove si tratta di caratterizzare i poteri che il servizio ispettivo in questione puo' esercitare (evidentemente anche nei confronti delle regioni): si arriva a mortificare l'autonomia regionale fino al punto di prevedere, con l'art. 8, terzo comma, il potere di tale servizio di effettuare o disporre ispezioni ed accertamenti. Per quanto concerne poi il controllo sugli atti degli enti locali, ove la disciplina impugnata sia applicabile anche agli enti locali della Valle, occorre ricordare che lo statuto valdostano, all'art. 43, attribuisce la materia alla competenza legislativa della regione, salvo il rispetto dell'armonia con i princi'pi delle leggi dello Stato, e che la regione ha esercitato le proprie competenze con la legge regionale 15 maggio 1978, (e' attualmente al vaglio di codesta ecc.ma Corte il disegno di legge regionale approvato nella seduta del consiglio regionale del 30 giugno 1992, e riapprovato il 16 febbraio 1993, volto a sostituire la citata legge regionale n. 11/1978). Inoltre, lo stesso art. 43 attribuisce anche l'attivita' di controllo sugli enti locali alla regione. Essendo il procuratore regionale della corte dei conti un organo dello Stato, e non certamente della regione, ne deriva un'evidente e grave lesione di un potere e di un'attribuzione e esclusivamente riservati alla regione. Dunque, il decreto-legge impugnato e' illegittimo, in quanto va a comprimere una competenza normativa della regione, che la regione medesima ha provveduto ad esercitare, in una materia che appartiene alla sua competenza normativa esclusiva ed attribuisce ad un organo dello Stato un'attivita' di controllo, che spetta invece alla regione, ai sensi del citato art. 43 dello statuto regionale. 7. - L'art. 38 dello statuto di autonomia speciale della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), al primo comma, espressamente sancisce, in armonia del resto con il piu' generale principio della tutela delle minoranze linguistiche, di cui all'art. 6 della Costituzione della Repubblica, l'equiparazione nella Valle d'Aosta della lingua francese a quella italiana: il che significa che, nel territorio della Valle, non e' attribuita una posizione di preminenza ne' alla lingua italiana, ne' alla lingua francese (v. in tali termini Corte costituzionale, 22 dicembre 1969, n. 156, in consiglio di Stato, 1969, II, 209), essendo entrambe lingue ufficiali (cosi': Barbagallo, la regione Valle d'Aosta, Milano, Giuffre', 1991, 119). Come ha ben evidenziato la Corte costituzionale, in Valle d'Aosta, contrariamente a quanto accade in altre regioni o province autonome (ed in particolare in Friuli- Venezia Giulia e nella provincia di Bolzano), si ha un bilinguismo perfetto (cfr. Corte costituzionale, 22 dicembre 1969, n. 156, cit.). Il principio costituzionale in questione e' stato tuttavia violato dal decreto impugnato, che si e' limitato a prevedere (all'art. 1, secondo comma) il rispetto della normativa in materia di tutela delle minoranze linguistiche, esclusivamente per quanto concerne i procedimenti avanti le sezioni giurisdizionali (e non anche per i procedimenti di controllo), e comunque soltanto limitatamente al territorio del Trentino-Alto Adige, non prevedendo per la regione Valle d'Aosta nemmeno norme di tutela di segno analogo.