Ricorre  la  regione  autonoma Valle d'Aosta, in persona dell'on.le
 presidente  della  giunta  regionale,  Ilario   Lanivi,   debitamente
 autorizzato  in  forza  di  delibera  della  giunta regionale n. 5337
 dell'11 giugno 1993, rappresentato e difeso dall'avv.  prof.  Gustavo
 Romanelli,  e  presso  di lui elettivamente domiciliato in Roma, alla
 via Cosseria,  n.  5,  in  forza  di  procura  autenticata  da  notar
 Bastrenta,  di Aosta in data 11 giugno 1993, rep. n. 14813, contro la
 Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  in   persona   dell'on.le
 Presidente  del  Consiglio  pro-tempore, domiciliato per la carica in
 Roma, Palazzo Chigi, nonche' presso l'avvocatura dello Stato, via dei
 Portoghesi   n.   12,   per   la   declaratoria   di   illegittimita'
 costituzionale del decreto-legge 15 maggio 1993, n. 143 (disposizioni
 in  materia  di  legittimita' dell'azione amministrativa), pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 113, del 17 maggio 1993.
                               IN FATTO
    Il decreto-legge 15 maggio 1993, n.  143,  meglio  specificato  in
 epigrafe,  nell'ambito delle misure che sarebbero dirette (come detta
 il suo preambolo) a  "rafforzare  gli  strumenti  di  garanzia  della
 legittimita'  amministrativa",  detta  una  riforma  radicale  di una
 fondamentale giurisdizione del nostro ordinamento,  quale  e'  quella
 della corte dei conti, prevedendo fra l'altro che in tutte le regioni
 vengano  istituite  sezioni  giurisdizionali della corte stessa (art.
 1), presso le quali, ai sensi del successivo art. 2,  secondo  comma,
 e'  chiamato  a  svolgere  le  funzioni di pubblico ministero un vice
 procuratore generale della corte dei conti  (procuratore  regionale),
 od  altro  magistrato  assegnato  all'ufficio,  che  da  questo venga
 delegato. L'attivita' dei procuratori  regionali  e'  coordinata,  in
 base  al  terzo  comma  dello stesso art. 2, dal procuratore generale
 della corte dei conti.
    L'ultimo comma dell'art. 2 prevede che la corte  dei  conti  possa
 delegare,  per l'esercizio delle sue funzioni, adempimenti istruttori
 a funzionari di pubbliche amministrazioni ed avvalersi di  consulenti
 tecnici.
    L'art.  7, primo comma, delimita il campo del controllo preventivo
 di legittimita' della corte dei conti, estendendolo in particolare a:
      c)  "atti  normativi  a  rilevanza  esterna,  atti  generali  di
 indirizzo, atti di programmazione comportanti spese";
      d)  "provvedimenti  di  disposizioni  del  demanio  e patrimonio
 immobiliare eccedenti la normale amministrazione";
       f)  "contratti  collettivi  e  provvedimenti  che  disciplinano
 l'esercizio   di   funzioni   pubblico   amministrative  relative  ai
 dipendenti  delle  pubbliche  amministrazioni".  A  tali   previsioni
 espresse,  se  ne  aggiunge un'altra, di chiusura che prevede analogo
 controllo per le materie per le quali esso sia ritenuto opportuno dal
 Presidente del Consiglio dei Ministri (lett. h).
    Ancora  l'art.  7,  al secondo comma, prevede modi e contenuti del
 controllo successivo che la corte dei conti e' chiamata ad esercitare
 anche nei confronti delle regioni e degli enti locali.
    L'art. 8 istituisce invece, al primo comma, servizi  di  controllo
 interno  in  tutte  le amministrazioni pubbliche ("con il compito, di
 verificare,  mediante  valutazioni  comparative  dei  costi   e   dei
 rendimenti,   la   corretta   gestione   delle   risorse   pubbliche,
 l'imparzialita' ed il buon andamento dell'azione amministrativa"):  i
 criteri  di  organizzazione  e  la sfera di azione di tali servizi di
 controllo interno sono rigidamente predeterminati dal secondo e terzo
 comma del medesimo art. 8.
    Il quarto comma dello  stesso  articolo  prevede  che  i  comitati
 provinciali    delle   pubbliche   amministrazioni   e   i   comitati
 metropolitani, di cui all'art. 18 del d.l. 24 novembre 1990, n. 344,
 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 gennaio 1991, n. 21, ed
 al d.P.C.M. 10 giugno 1992, si avvalgono  dei  servizi  di  controllo
 interno  delle amministrazioni territoriali e periferiche. Infine, il
 successivo  quinto  comma  prevede  l'istituzione,  con  decreto  del
 Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio
 dei  Ministri,  di  concerto  con  il  Ministero  dell'interno, di un
 servizio ispettivo del Ministero dell'interno, con una  articolazione
 a   livello   provinciale   e  raccordo  funzionale  con  i  comitati
 provinciali e metropolitani teste' richiamati: le  funzioni  di  tale
 servizio  ispettivo  non  sono altrimenti meglio chiarite; la seconda
 parte del quinto comma in  discorso  si  limita  ad  attribuirgli  la
 redazione  annuale  di  una  relazione  sui  risultati dell'attivita'
 ispettiva svolta (ma i cui confini non sono  affatto  chiariti),  con
 indicazione   dei   rimedi   necessari  a  risolvere  le  disfunzioni
 riscontrate.
    Deve  peraltro  evidenziarsi  come  il   decreto-legge   impugnato
 contenga  norme  di tutela delle minoranze linguistiche limitatamente
 alle sole sezioni giurisdizionali della corte dei conti con sede  nel
 territorio della regione Trentino-Alto Adige (art. 1, secondo comma).
    La   disciplina  teste'  richiamata  e'  gravemente  lesiva  delle
 attribuzioni della regione autonoma Valle d'Aosta ed  e'  illegittima
 per  violazione  degli  artt.  77,  100,  103,  108,  116 e 125 della
 Costituzione, nonche' per  violazione  dei  princi'pi  dello  statuto
 della  regione  autonoma della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26
 febbraio 1948, n. 4), ed in particolare dei suoi artt. 2, 3,  4,  29,
 38, 43 e 46, primo comma.
                              IN DIRITTO
    1.  -  Occorre  preliminarmente  lamentare  come  il governo abbia
 inteso adottare con le  forme  del  decreto-legge  delle  misure  che
 vengono  a fortemente incidere sugli assetti istituzionali, e che per
 di piu' violano illegittimamente la sfera di autonomia speciale della
 ricorrente  regione,  assumendo,  ma  non  dimostrando  affatto,   la
 ricorrenza  dei  presupposti  della  "necessita'"  (qualificata nelle
 premesse   del   decreto   addirittura   come   "straordinaria")    e
 dell'"urgenza";  misure che, per di piu' sono di dubbia idoneita' per
 il perseguimento dello scopo dichiarato, e lasciano anzi il dubbio di
 essere  finalizzate  alla  ricerca  di  consensi  dietro  la   spinta
 emozionale di recenti episodi.
    La  ricorrenza  degli  estremi  della necessita' e dell'urgenza e'
 anche piu' dubbia, se si considera  che  il  decreto  oggi  impugnato
 segue  altro decreto-legge, non convertito, dell'8 marzo 1993, n. 54,
 dalla  rubrica  simile  (disposizioni  a  tutela  della  legittimita'
 dell'azione  amministrativa),  che,  sia  pure con sfumature diverse,
 anch'esso evocando la stessa supposta  "straordinaria  necessita'  ed
 urgenza",  era espressione della medesima accentuata, ed illegittima,
 tendenza a comprimere le autonomie regionali.
    Essendo appunto indimostrata la ricorrenza di  una  situazione  di
 necessita'  ed  urgenza,  a  torto evocata nella premessa, il decreto
 impugnato viola il precetto dell'art. 77 della Costituzione,  che  fa
 divieto  al  governo  di emanare decreti che abbiano valore di legge.
 Puo'  incidentalmente  aggiungersi  che  ben  difficilmente   sarebbe
 dimostrabile  il  presupposto  dell'urgenza rispetto ad un intervento
 che ha assunto il carattere di profonda riforma della corte dei conti
 e della sua giurisdizione, riforma che peraltro  trascende  i  limiti
 delle  attribuzioni  riservate  alla stessa corte dei conti dall'art.
 100 della Costituzione, al secondo comma.
    Infatti,  quest'ultima  norma  della  Costituzione  si  limita   a
 prevedere   la   possibilita'   che,  con  legge,  si  introduca  una
 partecipazione della Corte dei conti al  controllo  preventivo  sulla
 gestione  finanziaria  (e non, come nel decreto impugnato, su singoli
 atti) degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, mentre
 non  e'  affatto  previsto  che  si  possa  attribuire  il  controllo
 preventivo  in  questione  in  via  esclusiva alla medesima corte dei
 conti.
    Peraltro, per quanto concerne le regioni, la  Corte  non  potrebbe
 essere  investita  neanche della semplice partecipazione al controllo
 preventivo: per le regioni a statuto ordinario vale  la  tassativita'
 dei  controlli  previsti dall'art. 125 della Costituzione, (in base a
 tale principio venne da codesta ecc.ma Corte  dichiarato  illegittimo
 l'art.  2, terzo comma, lett. p), della legge n. 400/1988: cfr. Corte
 costituzionale, 21 aprile 1989, n. 229); a maggior  ragione  un  tale
 vaglio  della  corte  dei  conti  non  e'  ammissibile per la regione
 ricorrente, per  la  quale,  come  si  rilevera'  nel  prosieguo  del
 ricorso,  esiste  un  sistema  tassativo  di controlli previsto dallo
 Statuto di autonomia speciale.
    Puo' incidentalmente rilevarsi che il decreto-legge  impugnato  si
 pone  in  contrasto  anche  con  il secondo comma dell'art. 125 della
 Costituzione, che (come e'  evincibile  dalla  classificazione  degli
 organi  giurisdizionali  di  cui  all'art.  103  della Costituzione,)
 prevede  su  base  regionale  soltanto  l'istituzione  di  organi  di
 giustizia  amministrativa  che si inseriscono nella giurisdizione del
 Consiglio di Stato, quali  sono  gli  odierni  T.A.R.,  e  non  anche
 l'istituzione  su  base regionale della giurisdizione della corte dei
 conti (del resto, sia pure rispetto ad altra questione, si e'  sempre
 escluso,   che   la  struttura  su  base  regionale  della  giustizia
 amministrativa di cui all'art. 125 sia applicabile anche  alla  corte
 dei  conti:  v.  Corte costituzionale, 7 marzo 1984, n. 52; corte dei
 conti, sez. riun., 19 aprile 1988, n. 576/A).
    2. - Deve comunque rilevarsi che il decreto-legge impugnato ha  un
 ambito  di  applicazione  che coincide largamente con quello, per cui
 operano le riserve di legge di cui agli artt. 100,  secondo  e  terzo
 comma, nonche' 103, secondo comma, e 108 della Costituzione,: in base
 a  tali  norme  costituzionali,  sono  riservate alla legge (in senso
 formale), rispettivamente, la determinazione dei casi e  delle  forme
 in  cui  la  corte  dei  conti  puo'  partecipare  al controllo sulla
 gestione  finanziaria  degli  enti a cui lo Stato contribuisce in via
 ordinaria e l'indipendenza della Corte medesima di fronte al governo,
 l'ambito della giurisdizione della corte dei conti al di fuori  della
 contabilita'  pubblica e, infine, l'ordinamento giudiziario e di ogni
 magistratura in genere.
    Ebbene, a prescindere dalla considerazione che, come  si  tentera'
 di  dimostrare  nel  prosieguo del presente ricorso, il decreto-legge
 impugnato si e' posto comunque per  il  proprio  contenuto  normativo
 intrinseco    in   contrasto   con   una   pluralita'   di   precetti
 costituzionali, e'  comunque  da  contestare  che  lo  strumento  del
 decreto-legge  possa  tener  luogo  di una legge formale, dato che le
 riserve di legge in questione (tenuto conto, fra  l'altro,  che  sono
 finalizzate  anche  a  garantire l'indipendenza della corte dei conti
 rispetto al governo) non  possono  che  essere  assolute  (nel  senso
 dell'insufficienza  del decreto-legge, con riferimento specifico alla
 medesima questione, v. la relazione del prof. Correale "Trasparenza e
 buon andamento: sezioni unite e  nuove  competenze  della  corte  dei
 conti"   al   convegno   di  studio  di  Roma,  10  giugno  1993,  su
 "Trasparenza, legalita' e buon andamento: il ruolo  della  corte  dei
 conti e delle altre magistrature").
    D'altro canto, nel medesimo decreto-legge impugnato si hanno anche
 disposizioni  che incidono su alcune delle materie oggetto di riserva
 di legge, cosi' generiche da rimettere di fatto al puro arbitrio  del
 Governo la definizione del loro effettivo ambito di efficacia; cosi',
 l'ambito  di  esplicazione  del  potere di controllo preventivo della
 corte dei conti, di cui all'art. 7, e' completato con una formula che
 consente la sottoposizione ai controlli in questione degli  atti  che
 "il  Presidente  del  Consiglio  dei Ministri ritenga di assoggettare
 temporaneamente a controllo preventivo.": e' qui  anche  piu'  palese
 (specie   nei  confronti  delle  regioni  e  degli  enti  locali)  la
 denunziata violazione della riserva di legge in materia di  controllo
 della  corte  dei  conti,  di  cui  all'art.  100 della Costituzione,
 violazione  che  comunque  sussiste  anche  se,  per  interventi  che
 incidano   nell'ambito   in   esame,  dovesse  in  ipotesi  ritenersi
 sufficiente il ricorso allo strumento del decreto-legge.
    Inoltre, anche a voler prescindere dai  nuovi  contenuti  previsti
 dell'azione  della Corte, e' la stessa indicazione delle modalita' di
 esercizio che mette fortemente in  pericolo  la  sfera  di  autonomia
 regionale.  Infatti,  mancano  persino sufficienti garanzie in ordine
 all'indipendenza dall'esecutivo  nazionale  di  chi  in  concreto  e'
 chiamato  ad  operare  funzioni  essenziali  anche  nell'ambito delle
 competenze giurisdizionali della  corte  dei  conti.  Si  e'  infatti
 disposti,  con  l'art.  2, quarto comma, che la corte dei conti possa
 avvalersi, per adempimenti istruttori, di personale  delle  pubbliche
 amministrazioni: tale previsione, in quanto applicabile all'attivita'
 che  la  corte  dei  conti  sarebbe chiamata a svolgere rispetto alle
 regioni ed agli enti locali, appare in contrasto con la  garanzia  di
 indipendenza anche delle giurisdizioni speciali, di cui all'art. 108,
 secondo  comma,  della  Costituzione,  espressamente  estesa tanto ai
 pubblici   ministeri   che    "agli    estranei    che    partecipano
 all'amministrazione della giustizia".
    3.  -  La  disciplina  in esame viene ad incidere illegittimamente
 sulla stessa sfera di  autonomia  regionale.  Essa  infatti  comporta
 l'assoggettamento  dell'amministrazione regionale e degli enti locali
 ad  un  controllo  preventivo  della  corte  dei  conti,  diverso  ed
 ulteriore  rispetto  ai controlli previsti dallo statuto di autonomia
 speciale della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio  1948,
 n.  4),  nel titolo IX (art. 44 e segg.), che costituiscono un ambito
 chiuso,   tassativamente   determinato,    attribuito    ad    organi
 specificamente  individuati e che definiscono in modo netto e preciso
 i rapporti tra Stato e regione.
    Per di piu', tali controlli vengono ad essere predisposti per atti
 che sono l'espressione stessa dell'autonomia  regionale,  come  nelle
 ipotesi  previste  dalla  lett.  c)  dell'art. 7 (che, lo ricordiamo,
 contempla tutti gli atti normativi a rilevanza esterna, gli  atti  di
 indirizzo  e  gli atti di programmazione comportanti spese) ovvero su
 materie che appartengono  alla  competenza  esclusiva  della  regione
 autonoma  Valle  d'Aosta. Infatti, come si e' visto, le lettere d) ed
 f)  dell'art.  7  prevedono  l'estensione  del  controllo  preventivo
 rispettivamente  ai  provvedimenti  di  disposizione  del  demanio  e
 patrimonio immobiliare eccedenti la  normale  amministrazione  ed  ai
 contratti  collettivi e provvedimenti che disciplinano l'esercizio di
 funzioni  pubbliche  autoritative  relative   ai   dipendenti   delle
 pubbliche amministrazioni.
    E'  evidente  il  contrasto  di tali previsioni con le norme dello
 statuto,  che  attribuiscono  le  relative  materie  alla  competenza
 normativa ed amministrativa regionale.
    Infatti,   l'art.   2,  dello  statuto  della  regione  ricorrente
 attribuisce alla competenza primaria normativa regionale, fra l'altro
 (alla lett. a), l'ordinamento degli uffici e  degli  enti  dipendenti
 dalla  regione  e  lo  stato giuridico ed economico del personale, ed
 (alla lett. f), le strade e lavori pubblici di  interesse  regionale.
 L'art.  3, lett. f) attribuisce alla competenza normativa concorrente
 della regione le finanze regionali e comunali. In base all'art. 4 del
 medesimo statuto, alla competenza normativa  regionale  sia  primaria
 che  concorrente,  di  cui  agli artt. 2 e 3, corrisponde la potesta'
 amministrativa della regione.
    Come gia' si e'  esposto,  e'  prevista  la  possibilita'  che  il
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  estenda  di sua iniziativa
 l'ambito dei controlli in questione.
    Infine, ad esercitare il controllo in  questione  e'  chiamato  un
 organo  non  contemplato  dallo  statuto  di autonomia speciale, che,
 all'art. 46, rimette tale ordine di attivita' in via  esclusiva  alla
 commissione  di  coordinamento,  di  cui  al precedente art. 45. Puo'
 ricordarsi che con gli artt. 60 e segg. della legge 16  maggio  1978,
 n.  196,  si  e'  provveduto a dettare la disciplina di attuazione in
 tema di tali controlli.
    D'altra parte, deve pure  rilevarsi  che  soltanto  la  competenza
 normativa   della   regione   ricorrente  puo'  essere  eventualmente
 compressa, ai sensi dell'art. 2  dello  statuto  di  autonomia  della
 regione ricorrente, dalle norme fondamentali delle riforme economico-
 sociali.  Nel  caso  di  specie,  ci  troviamo  invece  nel campo dei
 controlli previsto dall'art. 46 dello statuto, che non conosce alcuna
 eccezione, ne' possibilita' di compressione.
    E' da notare in particolare che la maggior parte dei provvedimenti
 per i quali dovrebbero operare le forme  di  controllo  anzidette  e'
 gia'  sottoposta  alla  particolare  procedura  di controllo anche di
 merito, comprensivo del  potere  di  richiesta  di  riesame,  di  cui
 all'art.  46  citato  e  regolamentato  dall'art.  61  della legge n.
 196/1978.
    Dunque, con un decreto-legge si e' creato ex  novo  un  ordine  di
 controlli  che  lo  statuto  non  contempla,  determinando  cosi' una
 gravissima lesione  nell'autonomia  regionale;  d'altro  canto,  tale
 potere  di controllo e' stato devoluto ad un organo diverso da quello
 a cui comunque lo statuto riserva in via esclusiva tale potere.
    4. - Analogo ordine di  considerazioni  puo'  essere  svolto  (nei
 limiti   in   cui   la  relativa  disciplina  possa  essere  ritenuta
 applicabile alla regione ricorrente) per quanto concerne il controllo
 successivo, di cui all'art. 7, secondo comma.
    Tale controllo successivo di cui al  secondo  comma  dell'art.  7,
 oltre a palesarsi come un'evidente ingerenza a lesione dell'autonomia
 regionale,   in  quanto  attinente  alla  valutazione  dell'efficacia
 dell'azione amministrativa, si  trasforma  in  una  duplicazione  del
 controllo  che  il  consiglio  regionale  e'  chiamato  ad effettuare
 sull'attivita' della giunta  regionale,  in  particolare  per  quanto
 concerne  bilancio  e  rendiconto  consuntivo,  ai sensi dell'art. 29
 dello statuto (ne' l'illegittimita' viene meno per  essere  la  Corte
 tenuta a riferire su tale suo operato anche ai consigli regionali).
    Peraltro  esso  e'  caratterizzato da un'altra grave anomalia, che
 contribuisce ad incidere in maniera negativa sulla sfera di autonomia
 regionale, dato che la determinazione dei  criteri  di  controllo  e'
 riservata allo stesso organo del controllo e' investito.
   5.  -  Del  tutto  ingiustificata  ingerenza  nella  sfera  di auto
 organizzazione della regione - e comunque compressione della potesta'
 normativa di  cui  all'art.  2,  lett.  a)  dello  statuto  -  appare
 l'applicabilita'  anche  ad  essa  della previsione di un servizio di
 controllo interno, nei termini di cui all'art. 8,  primo  comma,  del
 decreto-legge   impugnato,  la  cui  funzione  non  e'  peraltro  ben
 definita.
    Ad  analogo  ordine  di  considerazioni  si  perviene  per  quanto
 concerne   l'istituzione   del   servizio   ispettivo  del  Ministero
 dell'interno: quest'ultimo e' espressione  del  tutto  palese  di  un
 tentativo  di  ripristinare  (fra  l'altro con espressa previsione di
 "una articolazione a livello provinciale") una  penetrante  ingerenza
 da   parte   dell'apparato   centrale   dello   Stato   nella   sfera
 dell'autonomia regionale.
    Ma,  a  fronte  dell'incertezza  sulle  finalita'   del   servizio
 ispettivo  del Ministero dell'interno, ogni incertezza viene mano nel
 decreto li' dove si tratta di caratterizzare i poteri che il servizio
 ispettivo in  questione  puo'  esercitare  (evidentemente  anche  nei
 confronti   delle  regioni):  si  arriva  a  mortificare  l'autonomia
 regionale fino al punto di prevedere, con l'art. 8, terzo  comma,  il
 potere  di  tale  servizio  di  effettuare  o  disporre  ispezioni ed
 accertamenti.
    Per quanto concerne poi il controllo sugli atti degli enti locali,
 ove la disciplina impugnata sia applicabile anche  agli  enti  locali
 della  Valle,  occorre  ricordare che lo statuto valdostano, all'art.
 43, attribuisce la materia alla competenza legislativa della regione,
 salvo il rispetto dell'armonia con  i  princi'pi  delle  leggi  dello
 Stato,  e  che  la regione ha esercitato le proprie competenze con la
 legge regionale 15 maggio 1978, (e' attualmente al vaglio di  codesta
 ecc.ma Corte il disegno di legge regionale approvato nella seduta del
 consiglio  regionale del 30 giugno 1992, e riapprovato il 16 febbraio
 1993, volto a sostituire la citata legge regionale n. 11/1978).
    Inoltre, lo  stesso  art.  43  attribuisce  anche  l'attivita'  di
 controllo  sugli  enti  locali  alla  regione. Essendo il procuratore
 regionale della  corte  dei  conti  un  organo  dello  Stato,  e  non
 certamente della regione, ne deriva un'evidente e grave lesione di un
 potere e di un'attribuzione e esclusivamente riservati alla regione.
    Dunque,  il decreto-legge impugnato e' illegittimo, in quanto va a
 comprimere una competenza normativa della  regione,  che  la  regione
 medesima  ha  provveduto ad esercitare, in una materia che appartiene
 alla sua competenza normativa esclusiva ed attribuisce ad  un  organo
 dello  Stato  un'attivita'  di  controllo,  che  spetta  invece  alla
 regione, ai sensi del citato art. 43 dello statuto regionale.
    7. - L'art. 38 dello statuto di  autonomia  speciale  della  Valle
 d'Aosta  (legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n. 4), al primo
 comma, espressamente sancisce, in  armonia  del  resto  con  il  piu'
 generale  principio della tutela delle minoranze linguistiche, di cui
 all'art. 6 della Costituzione della Repubblica, l'equiparazione nella
 Valle d'Aosta  della  lingua  francese  a  quella  italiana:  il  che
 significa  che,  nel  territorio  della  Valle, non e' attribuita una
 posizione di preminenza ne' alla lingua  italiana,  ne'  alla  lingua
 francese  (v. in tali termini Corte costituzionale, 22 dicembre 1969,
 n. 156, in consiglio di  Stato,  1969,  II,  209),  essendo  entrambe
 lingue  ufficiali  (cosi':  Barbagallo,  la  regione  Valle  d'Aosta,
 Milano, Giuffre', 1991,  119).  Come  ha  ben  evidenziato  la  Corte
 costituzionale,  in  Valle d'Aosta, contrariamente a quanto accade in
 altre regioni o province  autonome  (ed  in  particolare  in  Friuli-
 Venezia  Giulia  e  nella provincia di Bolzano), si ha un bilinguismo
 perfetto (cfr. Corte costituzionale,  22  dicembre  1969,  n.    156,
 cit.).
    Il principio costituzionale in questione e' stato tuttavia violato
 dal  decreto  impugnato,  che si e' limitato a prevedere (all'art. 1,
 secondo comma) il rispetto della normativa in materia di tutela delle
 minoranze  linguistiche,  esclusivamente  per   quanto   concerne   i
 procedimenti  avanti  le  sezioni  giurisdizionali (e non anche per i
 procedimenti di controllo),  e  comunque  soltanto  limitatamente  al
 territorio  del  Trentino-Alto  Adige,  non prevedendo per la regione
 Valle d'Aosta nemmeno norme di tutela di segno analogo.